sabato 10 marzo 2012

Perchè NO TAV


Proviamo a vedere quali sono i principali argomenti utilizzati dai “sì tav” per difendere la costruzione di quest’opera. Tralasciandone alcuni – peraltro molto utilizzati – sui quali non ci sembra il caso di soffermarci (ad esempio “la TAV si deve fare e basta”) ne restano tre, di seguito elencati:

1.   La linea ferroviaria esistente è a rischio di saturazione.
È vero il contrario. È utilizzata al 25 % delle sue capacità, e anche immaginando di riuscire a trasferirvi tutto il traffico che oggi viaggia su gomma (cosa impossibile) si raggiungerebbe a stento il suo pieno utilizzo. Inoltre, non sono previsti né prevedibili aumenti del traffico merci tra Italia e Francia nei prossimi anni. Al contrario, secondo l'ultimo rapporto Alpinfo disponibile, nello stesso periodo (2000-2010) in cui i traffici annui con la Svizzera e con l’Austria sono aumentati rispettivamente del 30 % e del 22 %, la somma delle merci in transito nei valichi Mont-Cenis, Frejus e Monte Bianco è diminuita del 30 %, passando da 33,8 a 23,6 milioni di tonnellate/anno. Questo perché, per ragioni meramente economiche, il grosso dei traffici avviene tra Nord e Sud Europa e non tra Est e Ovest. E non è pensabile che una tendenza così consolidata venga messa in discussione dalla costruzione di una linea ferroviaria che non va a cambiare nulla delle effettive possibilità di trasporto salvo qualche lieve diminuzione dei tempi di percorrenza, che nel trasporto merci è totalmente ininfluente.

2.   La TAV è importante dal punto di vista ecologico, perché contribuirà ad eliminare il trasporto merci su gomma.
Classico esempio di come i politici riescono a “rigirare la frittata” – usando argomenti cari ai No Tav, come l’ecologia – per difendere un’opera che di ecologico non ha proprio niente.
Il professor Marco Ponti, docente di economia dei trasporti al Politecnico di Milano, persona che da dieci anni effettua simulazioni per l’Unione europea sul problema dello spostamento delle merci dalla gomma alla rotaia ci assicura che persino “tassando i camion e sussidiando la ferrovia, non si riesce a spostare più del 2-3 % del traffico”.
Ma anche immaginando di riuscire a spostarne percentuali significative, i problemi sarebbero tutt’altro che risolti. Il climatologo Luca Mercalli ci dice che “secondo gli studi di alcune Università: California, Siena, Napoli e un istituto di ricerca svedese, i treni ad alta velocità con una così importante componente di tunnel richiedono una quantità di energia così imponente in fase di costruzione da vanificare ogni vantaggio del passaggio dalla gomma alle rotaie. Insomma è una cura peggiore del male.”
Come se non bastasse, nella realizzazione del tunnel, solo per la parte italiana, verranno asportati 16 milioni di metri cubi di roccia, pari al volume di una città di 250 mila abitanti, la seconda del Piemonte. Ad oggi non è stato individuato un sito per il loro stoccaggio. E nella prosecuzione dei lavori sarà necessario forare altre montagne, come il Musinè, dalle rocce cariche di amianto e quindi pericolose.

3.   Abbiamo già fatto accordi non rinegoziabili e non possiamo rinunciare ai finanziamenti dell’Unione europea.
Falso. Le scelte politiche sono sempre rinegoziabili se, come in questo caso, non ci sono soggetti privati in mezzo. Inoltre, la lievitazione dei costi per le opere pubbliche in Italia è in media del 400 % rispetto al preventivo iniziale. Ciò vuol dire che invece di 8 miliardi la TAV potrebbe costarne 40 o più, e a quel punto dei 3 miliardi che (forse) ci darà l’Europa non sapremo che farcene. Se consideriamo poi che eventuali ritorni economici, ammesso che esistano, non li vedremo prima del 2035, possiamo concludere che, con tutte le altre spese che l’Italia dovrebbe sostenere, la TAV, nel migliore dei casi, non costituisce una priorità