Il testo del volantone che distribuiremo al corteo del Primo Maggio!!
Lavoratori, studenti
e precari…Uniti si vince!
La crisi economica iniziata oramai cinque anni fa, non solo
non accenna a finire ma, a dispetto delle previsioni degli economisti borghesi
e dei governi, sembra prepararsi ad una picchiata senza sosta verso la recessione.
Lungi dall’essere solamente una crisi finanziaria come vanno
ripetendo i governi e le forze politiche che li sostengono, centrodestra e
centrosinistra insieme, a questa crisi strutturale del sistema produttivo
(crisi di sovrapproduzione) si sommano la crisi dei mercati finanziari e la
crisi dei debiti sovrani.
Un mix molto pericoloso al quale i governi rispondono con
provvedimenti di austerità che non fanno altro che peggiorare la situazione
(vedi il caso della Grecia), creando miseria, crisi occupazionale e lo
smantellamento definitivo del “welfare state” e dei servizi pubblici
sopravvissuti ai tagli e alle privatizzazioni di questi ultimi anni.
E’ in questo scenario inedito che s’inseriscono le lotte di
resistenza alla crisi che si sono aperte sul nostro territorio e che
preannunciano una situazione di conflittualità sociale simile a quella di altri
paesi (Spagna e Grecia).
In questo quadro globale quindi va inserita la nostra
analisi e le nostre proposte per capire come uscire dal pantano in cui la
sinistra e i sindacati si trovano immersi, apparentemente incapaci di venirne
fuori e di rimettersi al servizio del conflitto sempre più aperto contro la
crisi e il sistema economico che l’ha generata.
L’attacco al lavoro.
In Italia oggi l’attacco frontale dei padroni contro le
condizioni di vita di chi lavora si chiama Riforma del mercato del Lavoro.
E’ da qui che parte la controffensiva padronale ai diritti
del lavoro e dei lavoratori. Un attacco che prende di mira l’articolo 18 dello
Statuto dei Lavoratori (legge n.300 del 20 maggio 1970.)
Si tratta in definitiva di togliere le tutele legali che
vietano i licenziamenti senza giusta causa e discriminatori, tutelando il
lavoratore garantendone il reintegro sul posto di lavoro.
La controffensiva è tutta ideologica, frutto dell’astio
accumulato dai padroni nei 40 che ci separano dalla stagione di lotte sindacali
del ’68-’69, e grazie alle quali questi diritti furono conquistati.
La retorica con cui viene propagandata la necessità della
riforma è di conseguenza ideologica e mira a dividere il fronte dei lavoratori:
“l’articolo 18 (a detta del Ministro Fornero) scoraggia le aziende ad assumere
nuovi lavoratori”.
La domanda che si pone immediata è questa: com’è possibile
che aumentando i licenziamenti, si possano creare posti di lavoro?
Questa propaganda assume allora un preciso significato, che
è quello di contrapporre i lavoratori tutelati ai lavoratori non tutelati e di
mettere contro i giovani con i meno giovani, scatenando una guerra tra poveri
simile a quella scatenata scientificamente contro gli immigrati dalla Lega
(ladrona) e dalle forze xenofobe e padronali.
Il precariato
In questo quadro generale è giusto soffermarsi sulla
questione del precariato.
La precarietà di fatto non viene abolita dal governo che in
nome dell’equità (il grande cavallo di battaglia di Monti e co.), equamente non
tocca nessuna delle 46 tipologie contrattuali del lavoro precario.
Tutto ciò passa nel silenzio generale, un silenzio rotto
solamente dalla propaganda a reti unificate (RAI, Mediaset, La7 ecc…) di cui
parlavamo poche righe sopra.
I precari sono proprio quei lavoratori non tutelati che il
governo vorrebbe mettere contro ai lavoratori tutelati, in una competizione
continua per il lavoro che non c’è.
Perché proprio di competizione si tratta. La competizione di
chi, sfruttato e mal pagato è disposto a tutto pur di avere un posto di lavoro.
Su questo punto è giusto fare un’analisi più approfondita.
Il precariato non cade dal cielo, ma è condizione necessaria per creare eserciti
di lavoratori pronti a tutto, eserciti attraverso i quali ricattare chi il
lavoro ce l’ha già…della serie : “accetta i bassi salari, accetta l’aumento
delle ore di lavoro e stai buono, sennò ti licenzio e ci saranno altre 100
persone disposte a rimpiazzarti, a meno salario e a meno diritti”
Il precariato e la disoccupazione (che non accenna a
diminuire…anzi) sono condizioni necessarie per mantenere nello sfruttamento i
lavoratori.
Nel contesto della crisi questa situazione di incertezza
lavorativa si sta allargando sempre più colpendo fasce di popolazione sempre
più ampie. La precarietà quindi diventa condizione esistenziale non solo dei
giovani, ma anche di tantissimi lavoratori che, licenziati dai loro posti di
lavoro si barcamenano tra lavori e lavoretti nelle cooperative pur di
accumulare con grande fatica i contributi che li dividono dalla pensione.
Ad oggi quindi, il problema della precarietà va affrontato
in maniera ampia, anche contro le retoriche giovaniliste di chi pensa che solo
i giovani ne siano afflitti, che alimentano nei fatti la divisione su base
generazionale dei lavoratori.
L’unità. L’unica
risposta.
Per anni abbiamo lottato divisi, facendo di fatto il gioco
di chi, grazie alla nostra divisione, ha potuto aumentare i suoi profitti.
Per troppi anni abbiamo sentito dire che gli studenti
dovevano stare in una piazza, i precari in un’altra e i lavoratori in una
terza.
Noi crediamo che la debolezza intrinseca dei movimenti
studenteschi e giovanili di questi anni risieda proprio in questo approccio
sbagliato, approccio che ha di fatto messo quei movimenti nelle condizioni di
perdere le loro battaglie.
Ad oggi cosa resta delle straordinarie lotte degli studenti
contro la Riforma Gelmini del 2008-2009?
Ad oggi cosa resta degli innumerevoli tentativi di aggregare
il movimento dei precari su basi generazionali? Crediamo che a queste domande
vadano date delle risposte ben precise, perché le vere battaglie perse sono
quelle dalle quali non si impara niente.
Ci resta quindi un'unica possibilità: l’unità.
Unità che va costruita attorno a piattaforme chiare che
siano in grado di coagulare tutti i settori sociali che oggi vivono la crisi,
non vogliono pagarla, ma fanno ancora fatica a trovare una soluzione.
Le straordinarie lotte in Cile, in Grecia, in Spagna e
Francia ci sono da esempio per tracciare la strada.
Quando si scende in campo per affrontare una battaglia, la
prima cosa da fare è guardarsi in giro e capire quali sono gli alleati più
forti con i quali lottare.
Posta l’esigenza di organizzarsi sul proprio posto di lavoro
e di studio, l’esperienza di questi ultimi anni indica a noi giovani, ancora
una volta, la classe operaia come alleato più forte con il quale condurre la
lotta contro il Governo e contro il sistema.
Non lo diciamo per una sorta di vecchio “culto
dell’operaio”, ma proprio perché l’evidenza (dal 16 ottobre 2010 in poi) ci
insegna che è attorno agli operai e alle loro organizzazioni che si può
ricostruire un fronte contro la crisi.
E’ con gli operai e con i lavoratori che bisogna lottare se
si vuole essere vincenti!
Agli scettici facciamo questa domanda: se la classe operaia,
con le sue tradizioni di lotta ed organizzazione, fa fatica a difendere un
diritto (art.18 e CCNL) che aveva già, come faranno da soli i precari e i
giovani, nella loro disorganizzazione (sic!) cronica a conquistare diritti che
non hanno ancora????
La nostra proposta va quindi in questa direzione: l’unità
tra studenti, precari e lavoratori!
Vogliamo un’unità che si basi su parole d’ordine chiare:
l’articolo 18 non si tocca (ma, anzi, va esteso a tutte/i), no alla Riforma
delle Pensioni e contro la precarietà!
Con questa chiarezza chiediamo alle forze sociali in campo
di fare uno sforzo di unità, e chiediamo alla CGIL lo Sciopero Generale come
unica possibilità di unire e generalizzare le esperienze sparse di resistenza e
di lotta che si sono aperte.
Uno Sciopero Generale vero, che fermi il paese, contro il
Governo delle banche e le forze politiche che lo sostengono.
Attorno a questa prospettiva vogliamo organizzare la rabbia
crescente dei tanti giovani che vivono la precarietà della crisi.
Vogliamo poter non solo sognare, ma vivere fino in fondo la
possibilità di un’alternativa diversa a questo sistema poiché siamo consci che
entro i limiti del capitalismo non ci sarà mai vero spazio per le
rivendicazioni dei giovani e dei lavoratori.